San Giovanni della Croce sostiene che per andare incontro a Dio (o meglio, per lasciarsi trovare da Lui) abbiamo bisogno di “tranquillizzare la casa”, ovvero di ordinare la persona. I disordini interiori si manifestano in una sensazione di cecità, stanchezza, sporcizia o debolezza.
«In una notte oscura,
con ansie, in amori infiammata,
– oh! felice ventura! –
uscii, né fui notata,
stando già la mia casa addormentata.
Al buio uscii e sicura,
per la segreta scala, mascherata
– oh felice ventura! –
al buio e ben celata,
stando già la mia casa addormentata».
Queste strofe dell’ascesa al monte ci introducono per percorrere la strada che San Giovanni della Croce ci invita a fare con lui, riconoscendo che la vita spirituale è questo: un cammino di ascesa in cui Dio ci aspetta per l’unione profonda con Lui. La montagna come luogo di rivelazione nella Sacra Scrittura, di manifestazione della teofania, di autorivelazione di Dio e di scoperta di tutta la nostra identità. Luogo in cui Dio parla con Elia, con Mosè; in cui Gesù si trasfigura davanti ai discepoli sul Tabor, da dove proclama le beatitudini, dove si ritira a pregare… L’immagine della montagna parla indubbiamente della manifestazione di Dio.
Vogliamo addentrarci nella dimensione che presuppone il fatto di svuotarsi di sé; non per rimanere nel nichilismo, nel vuoto senza senso, ma per riempirci della presenza e dell’amore di Dio. E per questo vogliamo soffermarci su Dio, totale pienezza che presuppone questo cammino di distacco, di spogliarci di noi per essere del tutto posseduti da Dio.
Il fatto di lasciare la casa in ordine, tranquilla, e per questo l’uomo che può uscire nella notte oscura per andare incontro a Dio che lo chiama con la forza dell’amore presuppone che ci siamo trovati nella prima notte dei sensi con gli appetiti disordinati, con le nostre tendenze fuori controllo, con la potenza interiore di tutte le capacità che abbiamo e di tutti i sensi non al proprio posto. Tutto il nostro organismo, la nostra sensibilità, il nostro modo di cogliere la realtà, le nostre passioni, le nostre sfrenatezze, i nostri disordini interiori vanno messi al proprio posto perché tormentano, stancano, accecano, sporcano e indeboliscono.
Ci sono cinque realtà dentro di noi quando non abbiamo ordine nella vita affettiva che ci mostrano che non possiamo andare avanti così, e Giovanni dice che tormentano, perché come una persona soffre se si stende sulle spine, soffre anche quando si stende sui suoi appetiti che pulsano. Possiamo scoprirlo in una cosa concreta: quando si mangia troppo, mentre lo si fa se ne gode e va tutto bene, ma le conseguenze arrivano dopo. O quando la sera si vede un film pieno di violenza o con un argomento troppo crudo, poi si fatica ad addormentarsi. Si finisce per essere come carichi negativamente in termini affettivi, ed è come se ci si stendesse sulle spine.
Per poter andare incontro a Dio bisogna trovare gli spazi per riposare il cuore. Come succede al profeta sulla montagna dell’Oreb, quando sente la tormenta, i lampi e il terremoto, ma Dio sceglie la brezza dolce per manifestarsi. Quanto è importante trovare spazi in cui far riposare l’anima da ciò che la tormenta!
San Giovanni della Croce dice che ci sono stanchezza e sordità, siamo deboli. Quando l’anima è tormentata, con molto rumore interiore, perdiamo di vista ciò che dobbiamo fare. Per questo abbiamo bisogno di fermarci e di calmarci per chiarirci le idee. Ci sono momenti della vita in cui per poter prendere decisioni dobbiamo trovare spazi in cui rasserenare lo spirito e trovare tranquillità. E allora ciascuno di noi deve scoprire quali sono questi spazi, le persone o le circostanze in cui trovare chiarezza.
Spesso dopo una lunga giornata tra tante cose sentiamo che non “vediamo” più. Il giorno successivo, dopo aver riposato, ci riusciamo. Sant’Ignazio di Loyola avverte che nell’epoca della tribolazione non bisogna prendere decisioni, perché è molto probabile che non si veda chiaramente e che ci si sbagli. Nella tribolazione non si modificano le decisioni prese né se ne prendono di nuove. Tormenta e cecità sono conseguenze del turbamento in noi, e bisogna rimettere la casa in ordine. Quali sono le tormente e le cecità nella mia vita? E quali sono le stanchezze che mi impediscono di andare dove Dio mi chiama?
Per questo di pomeriggio o di sera dobbiamo lasciar andare tutto il trambusto che abbiamo vissuto nel corso della giornata. Il momento del tramonto è anche quello dell’incontro. È questo il senso che hanno anche la preghiera dei vespri e la compieta. Mentre il sole cala, l’uomo lascia il trambusto del suo lavoro, delle sue occupazioni quotidiane, per trovarsi con il Dio che lo aspetta per sedersi a tavola, per condividere la riflessione sulla giornata vissuta insieme.
Quando siamo disordinati a livello interiore, oltre alla cecità e alla mancanza di serenità compare anche la stanchezza. La maggior parte delle volte, quando la stanchezza ci vince la nostra interiorità è intaccata dalle emozioni. Appare dopo la morte di una persona cara, o dopo una grande delusione, quando l’anima si spegne e si pone in uno stato di depressione. Per poter andare avanti dobbiamo uscire da quella condizione, e perché ciò accada serve tempo. Ad esempio, di fronte alla morte di una persona cara bisogna rispettare il periodo di lutto. Non bisogna far sì che per trascurarlo quella realtà dolorosa resti come insediata in noi. Ma l’anima si stanca anche con le emozioni positive.
Un cuore ben disposto a seguire il Signore deve prepararsi alla prova. Lo dice la Parola nell’Antico Testamento. Anche la gioia fa parte della purificazione. San Tommaso di Kempis dice che il Signore ha due modi per metterci alla prova: la notte del dolore o la gioia. Bisogna preparare il cuore ad andare incontro a Dio sapendo calibrare l’anima per incanalare le emozioni e avere così spazio per riceverlo.
Appare poi la sporcizia, con la sensazione di non essere puliti. Anche nel nostro legame con il cibo, con il bere e la sessualità dobbiamo lavorare per mettere la casa in ordine, e quando si scatena il disordine dentro di noi costa un po’ di più rimettersi in carreggiata, e c’è bisogno di penitenza e disciplina. Sono cose semplici, ma bisogna agire con grande fermezza. La virtù che ci aiuta è la temperanza, attraverso la quale impariamo ad avere il dominio di noi stessi di fronte alla scossa di affetti disordinati che fa sì che ci leghiamo in modo sbagliato al cibo, al bere e alla sessualità. Sono istinti primari che fanno sopravvivere le persone e le specie.
Quando c’è disordine, l’anima è indebolita. Si sente come se non avesse consistenza né forza, come quando ci si riprende dopo essere stati molti giorni a letto. Perché, dice San Giovanni della Croce, come l’acqua che entra attraverso le fenditure di un recipiente rotto perde la sua forza, così l’anima, divisa in piccole cose, non ha vigore per concentrarsi su Dio. È come se si diluisse. Chiediamo a Dio di renderci sereni di fronte alla tormente.
Padre Javier Soteras