Parlare di Ennio Morricone non è semplice, in quanto si rischia di cadere nella retorica. Cosa dire di un musicista così celebrato e conosciuto? Ora che compie 90 anni molti si affanneranno a superarsi nella celebrazione di questo vero orgoglio italiano. Ricordo una cena con un mio collega australiano che insegna ad Hong Kong. Lui è proprio specializzato nella musica da film e quando ha cominciato a parlare di Morricone gli si illuminavano gli occhi e io ero ovviamente contento. Ennio Morricone è senza dubbio il più grande compositore di colonne sonore della nostra epoca recente, il degno successore di un altro genio come il grandissimo Nino Rota. Non posso neanche cominciare a parlare del suo lavoro nel campo delle colonne sonore, in quanto i capolavori sono così tanti che necessiterebbe uno spazio molto, ma molto ampio. Parlerò solo di una di esse, forse non conosciuta come le altre. E di come mi svelò il genio del compositore. Me lo fece scoprire uno sceneggiato dedicato a Marco Polo della RAI di decenni fa. Ricordo che la sua colonna sonora mi conquistò così tanto che volli acquistare il 33 giri, che dovrei ancora avere. Una musica per uno sceneggiato ambientato in Cina (e allora non avrei immaginato che questo paese avrebbe avuto una importanza così grande nella mia vita).
Io e e il Maestro Morricone condividiamo l’origine, non solo romana, ma soprattutto trasteverina. Siamo nati a Trastevere (a pochissima distanza spaziale, ma considerevole distanza temporale) e, se sono fedeli i ricordi di alcuni vecchi preti, lui ha suonato nella stessa chiesa in cui anch’io, molto tempo dopo, ho suonato. E Trastevere non significa solo buoni ristoranti, ma anche il luogo dove per primo il cristianesimo si è diffuso a Roma, visto che qui c’era la popolazione ebraica. Anche Ennio Morricone deve aver respirato questa “aria cristiana” che gli ha poi ispirato alcuni lavori nel campo della musica sacra. Penso a Vidi Aquam (Soprano e piccola orchestra, 1993), Due pezzi sacri (Coro a 4 voci miste e orchestra, 1995), Ave Regina Coelorum – di cui ascoltai la prima esecuzione da lui diretta nella Chiesa di Santa Maria degl’Angeli – (coro a 4 voci miste e strumenti, 1995) e la recente Missa Papae Francisci (doppio coro e orchestra, 2015), dedicata al presente Pontefice.
In questo ultimo lavoro, più adatto a mio avviso ad una esecuzione concertistica che all’uso liturgico, anche per l’ampiezza dell’organico, è percepibile l’attenzione alla tradizione coniugata con la sua personale ricerca nell’ambito dei linguaggi musicali della contemporaneità. Ma l’autore lo ha pensato comunque in una prospettiva liturgica, come ha spiegato in una intervista alla Radio Vaticana (reperita in fattitaliani.it): “Ho scelto due cori perché erano una tradizione dei fratelli Gabrieli e di Willaert a Venezia, dove è iniziato il doppio coro. Nell’organico ho tolto i violini e le viole, perchè mi portavano a essere forse troppo sdolcinato. La cosa, invece, deve essere abbastanza severa. Quindi, ho messo le percussioni, 5 trombe, 5 corni e 5 tromboni e due organi. Sono rimasto fedele alla modalità che abbiamo nella musica gregoriana. Poi, ho usato la polimodalità, mettendo anche delle dissonanze, che si sentono meno e che definirei meglio false relazioni. Mi sono preso quindi delle libertà, ma il pezzo appare chiaramente come un pezzo liturgico, anche se qualche esperimento sottotraccia c’è”.
In una intervista ad Antonio Giuliano (Avvenire, 14 novembre 2009), parlando del suo rapporto con la religione affermava: “Sono credente. Però l’ispirazione religiosa nasce da fatti concreti. Quando trovo un testo che mi piace e sento che possa venir fuori qualcosa mi butto senza esitazioni. L’anno scorso ho composto una cantata, “Vuoto d’anima piena” su passi poetici di san Giovanni della Croce, santa Teresa d’Avila e altri mistici musulmani e indiani. Adesso ne ho scritto un’altra, Gerusalemme, che riprende alcuni passi della Bibbia, del Vangelo e del Corano in cui le fonti delle tre religioni monoteiste parlano di pace. Sarebbe bello musicare anche la Divina Commedia, ma ci vuole tempo… Sono aperto ai testi dei generi più diversi, ma mai testi blasfemi. (…) La storia della musica è partita dalle esperienze liturgiche, l’opera è partita dalla Messa come sacra rappresentazione. Pensiamo a grandi compositori, come i maestri di cappella o Girolamo Frescobaldi. Tutto è venuto dalla musica sacra e dal canto gregoriano. Ma la Chiesa, dopo il Concilio Vaticano II, sta perdendo la grande tradizione del gregoriano. Sta succedendo quello che si verificava prima del Concilio di Trento, quando si mischiavano elementi profani alle melodie sacre. E Benedetto XVI fa bene a richiamare una certa attenzione. Oggi nelle chiese assistiamo a un guazzabuglio per cui con le chitarre si suonano pezzi western su testi come l’Ave Maria…”. E questo, detto dal più grande compositore di colonne sonore per film western degli ultimi decenni, e credente, dovrebbe far seriamente riflettere.