«Desiderando questo felice viandante uscire presto dal mondo, come da un esilio di passaggio, trovava non piccolo aiuto nelle cose che sono nel mondo stesso. Infatti si serviva di esso come di un campo di battaglia contro le potenze delle tenebre e nei riguardi di Dio come di uno specchio tersissimo della sua bontà. In ogni opera loda l’Artefice; tutto ciò che trova nelle creature lo riferisce al Creatore. Esulta di gioia in tutte le opere delle mani del Signore, e attraverso questa visione letificante intuisce la causa e la ragione che le vivifica. Nelle cose belle riconosce la Bellezza somma, e da tutto ciò che per lui è buono sale un grido: “chi ci ha creati è infinitamente buono!” Attraverso le orme, impresse nella natura, segue ovunque il Diletto e si fa scala di ogni cosa per giungere al suo trono.
Abbraccia tutti gli esseri creati con un amore e una devozione quale non si è mai udita, parlando loro del Signore ed esortandoli alla sua lode. Ha riguardo per le lucertole. Cammina con riverenza sulle pietre. Vuole che nell’orto un’aiuola sia riservata alle erbe odorose e che producono fiori, perché richiamino a chi li osserva il ricordo della soavità eterna. Raccoglie perfino dalla strada i piccoli vermi perché non siano calpestati. Chiama con il nome di fratello tutti gli animali. Ma chi potrebbe esporre ogni cosa? Quella “bontà fontale” che un giorno sarà tutto in tutti, a questo santo appariva chiaramente fin d’allora come il tutto in tutte le cose».
Dalla Vita seconda di S. Francesco di Tommaso da Celano (FF 750).