La morte di Santa Teresa di Gesù Bambino

Fin dal 21 settembre Teresa avverte d’essere in una specie di agonia continua. Il 29 ci sarà il crollo. A mezzogiorno, rivolgendosi alla Priora, le dirà: “Madre mia, è l’agonia? Come farò a morire? Non saprò mai morire!” E dopo la visita del dottore chiederà ancora: “È oggi?”, manifestando la sua felicità alla risposta affermativa.

Tuttavia il dolore la strazierà fino alla fine. “Non ne posso più. Pregate per me. Se sapeste!” Dopo Mattutino, di fronte al protrarsi delle sofferenze in aumento, gemerà: “Sì, mio Dio, sì… voglio proprio tutto”. Il 30 settembre Teresa l’inaugurò con un pensiero alla Vergine. Per tutti quei mesi di martirio, aveva intensificato la sua unione contemplativa con la Madonna. Lo sguardo continuamente si era soffermato sulla statua del «Sorriso», trasferita in infermeria il giorno stesso nel quale vi era scesa Teresa. È a lei che si appoggia nell’ora grande. Come Gesù sulla Croce, guarda alla Madre. E da lei invoca la grazia di prepararla all’incontro con Dio. Nelle lunghe ore nelle quali va spegnendosi, dalle sue labbra escono espressioni che rivelano il suo stato, che dicono tutto il suo abbandono fedele al Signore. Il calice, è pieno fino all’orlo! “Dio mio, sì, tutto quello che vuoi. Ma abbi pietà di me. Dio mio, Dio mio, voi siete tanto buono!… Oh, sì, voi siete buono, io lo so”.

Verso le tre del pomeriggio, Teresa mise le braccia in croce. Madre Maria di Gonzaga le posò sulle ginocchia un’immagine della Madonna del Carmelo del Van Oer. La guardò un istante, e poi: “Madre mia, mi presenti subito alla Vergine Santa. Mi prepari a ben morire”. La Priora le rispose che, avendo sempre capito e praticato l’umiltà, la preparazione era fatta. Teresa, riflettuto un attimo, uscì umilmente nell’asserzione: “Sì, mi pare di avere sempre cercato solo la verita! Sì, ho capito l’umiltà del cuore”. Poi cominciò a farsi più viva la sofferenza. Una sofferenza dal volto nuovo, tuttavia. Teresa, pur nel martirio più doloroso, sembrava illuminata da una gioia profonda, da una forza sovrumana. Fu allora che le sfuggirono le parole: “Tutto quello che ho scritto sui miei desideri di soffrire corrisponde perfettamente alla verità. Non mi pento di essermi offerta all’Amore. Oh, no, non mi pento di essermi offerta all’Amore, anzi… Non avrei mai creduto possibile soffrire tanto! Mai! Mai! Non posso spiegarmelo se non con i desideri ardenti che ho avuto di salvare le anime. Ebbene. Avanti, avanti!… Non vorrei soffrire meno”.

Poi, verso le diciannove e qualche minuto, guardando il Crocifisso, le ultime parole: “Oh… l’amo!… Dio mio… Vi amo!…”. Appena ebbe dette queste parole, Teresa cadde dolcemente indietro, la testa reclinata leggermente a destra. La madre Maria di Gonzaga richiamò in fretta la comunità, allontanata qualche istante prima, quando le condizioni dell’inferma sembravano stazionarie. E tutte le consorelle furono testimoni di una espressione di gioia, ammirazione, tranquillità che per lo spazio di un Credo il volto della morente, stranamente tornato al suo colore, sembrò avere, mentre gli occhi erano fissi verso l’alto, al di sopra della statua della Madonna del Sorriso. Poi, serenamente diede l’ultimo respiro. Erano le 19,20 circa del 30 settembre 1897. “Io non muoio: entro nella vita”, aveva scritto il 9 giugno precedente a Maurizio Bellière. Quel giovedì sera Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo entrava veramente nella vita. Aveva inizio «il tempo delle sue conquiste». Dal cielo cominciava a far scendere la «pioggia di rose» promessa.

 

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