Teresa di Lisieux e Roma

Teresa di Lisieux (Teresa del Bambin Gesù e del Volto Santo, battezzata Teresa Martin, Alecon 1873 – Lisieux 1897) può essere ricordata a Roma, con riferimento ai luoghi in cui ha soggiornato e che ha visitato quando si recò, all’età di 14 anni, dal Papa, per chiedere la dispensa per entrare in clausura, prima dell’età canonica.

Il primo incontro per i centonovantasette pellegrini in partenza per Roma è fissato per la domenica 6 novembre alle ore 9 nella cripta della basilica di Montmartre. Ma Teresa è partita due giorni prima con il padre, il signor Martin, e la sorella Celina per visitare Parigi. Il suo pellegrinaggio toccherà molte città, in Francia, ma anche in Svizzera e soprattutto le meraviglie dell’Italia: Milano, Venezia, Padova, Bologna, Roma (dieci giorni), Napoli, Pompei, Assisi…..Scriverà più tardi Teresa: “Queste bellezze… profuse così largamente hanno fatto tanto bene all’anima mia! Come l’hanno innalzata verso Colui che si è compiaciuto di profondere tanti capolavori sopra una terra d’esilio destinata a durare un solo giorno!”.
Un pellegrinaggio a Roma era allora un avvenimento. Teresa è adolescente e questo sarà l’unico grande viaggio della sua vita.
Di questo viaggio riporterà nuove impressioni, sensazioni e nuove intenzioni nella preghiera, perché le permetterà di conoscere anche gli uomini, i sacerdoti e soprattutto se stessa, prima di entrare per sempre in clausura: “Ah, che bel viaggio fu quello !… Ho capito la mia vocazione in Italia e non è stato andar troppo lontano per una conoscenza tanto utile”.
Da questo viaggio riporterà anche alcune reliquie Sappiamo che visitò le catacombe di San Callisto e il Colosseo, la cui terra “arrossata dal sangue dei primi cristiani” viene preziosamente rinchiusa in sacchetti di stoffa. Queste le sue riflessioni dopo la sua visita al Colosseo: “Il cuore mi batteva molto forte nel momento in cui le mie labbra si avvicinarono alla polvere imporporata del sangue dei primi cristiani: chiesi la grazia di essere anch’io martire per Gesù e sentii in fondo al cuore che la mia preghiera era stata esaudita”.
Andò pellegrina alla Basilica di Santa Croce in Gerusalemme e alla Basilica di Sant’Agnese. Lei stessa descrive, raccontando della visita a Santa Croce in Gerusalemme, il suo desiderio-bisogno di avere un contatto fisico anche con le tracce del passaggio sensibile del Figlio di Dio incarnato: “Occorreva sempre che io trovassi il modo di toccare tutto: di infilare il mio ditino in una delle aperture del reliquario che conteneva il chiodo che fu bagnato dal sangue di Gesù”.
E poi S.Pietro per l’udienza pontificia, domenica 20 novembre, alla presenza di papa Leone XIII. Un giornale francese, L’univers, nella colonna della corrispondenza romana, riporterà questa cronaca: “Fra i pellegrini si trovava una ragazza di quindici anni che ha chiesto al Santo Padre il permesso di entrare subito in convento per farsi religiosa. Sua Santità l’ha incoraggiata ad avere pazienza”.
Teresa è una postulante giovanissima e, secondo la testimonianza della sorella Celina, l’udienza con il papa fu un “fiasco”. Teresa però è paziente: “Io dormo, ma il mio cuore veglia” (Ct 5, 2) è il versetto che le ricorderà di “abbandonarsi” totalmente alla Provvidenza, perché se Gesù sembra non far nulla per la sua entrata nel Carmelo, il Suo cuore tuttavia non cessa di vegliare su di lei con amore.
La sua pazienza e la sua attesa pacifica saranno premiate. Il primo gennaio arriva la riposta positiva del vescovo e la sua entrata nel Carmelo è fissata per il 9 aprile 1888. Teresa ha quindici anni.
“Quando Gesù mi avrà deposto sulla riva benedetta del Carmelo, voglio donarmi tutta intera a Lui. I suoi colpi non mi faranno paura perché, anche quando le sofferenze sono più amare, si sente sempre che è la sua dolce mano che colpisce. L’ho sperimentato bene a Roma nel momento in cui tutto mi avrebbe fatto credere che la terra fosse lì per sparire sotto i miei piedi… La vita passa così presto che veramente vale di più avere una corona bellissima e un po’ di patire, che averne una ordinaria senza patire”.
Teresa sarà canonizzata nel 1925 e proclamata da Pio XI patrona delle missioni e patrona secondaria della Francia. La sua festa è il 3 ottobre.

A Roma Teresa dimorò, come ricorda una lapide, in via Capo Le Case 56, nella zona di piazza di Spagna, in quei tempi quartiere dei francesi. Visitò la Chiesa della SS.Trinità dei Monti e si fermò a pregare, all’interno del convento delle suore della Società del Sacro Cuore, nella cappella detta della Mater Admirabilis, affrescata nel 1844. E’ possibile recarsi in questo luogo per pregare, ma bisogna domandare prima l’autorizzazione, non essendo abitualmente aperto al pubblico.

La cappella della mater Admirabilis fa parte del complesso della Chiesa della SS.Trinità che risale al XIV secolo e fu fatta edificare, su richiesta di S.Francesco di Paola per i Padri Minimi del vicino convento, da Carlo VIII, re di Francia. Fu completamente restaurata nel 1816, dopo i danni causati dai rivoluzionari francesi. La facciata è preceduta da un elegante scalinata (Domenico Fontana, 1587) secondo un ordine tripartito, e fiancheggiata da due campanili che, per volere del duca di Joyeuse, furono fatti costruire nel 1588 sul modello di quelli progettati per la chiesa di S.Atanasio in via del Babuino, da Giacomo della Porta. Un orologio, per suonare le ore “alla francese”, fu aggiunto nel 1613.
L’interno ha una pianta a navata unica fiancheggiata da cappelle laterali comunicanti. Ricorda, in questo, le chiese gotiche del Sud della Francia. La parte più antica della chiesa è costituita dalla volta del transetto, decorata con nervatura a rete, caratteristica del tardo gotico.
Segnaliamo, nella seconda cappella a sinistra: la Deposizione, capolavoro di Daniele da Volterra (1541) e nella terza cappella laterale di destra: l’Assunzione, sempre della stessa mano. La figura rappresentata a destra della scena, vestita di rosso, è, probabilmente, il ritratto di Michelangelo, di cui l’artista era grande ammiratore. Sulle pareti laterali: il Massacro degli Innocenti e la Presentazione al Tempio (a destra).

Originariamente la Chiesa della SS.Trinità si collegava alla piazza sottostante attraverso una stradina tortuosa che scendeva dal Pincio. Un primo progetto della scalinata, rimasto sulla carta a causa dei contrasti fra il Governo Pontificio e il Regno di Francia, è del 1568, ad opera di Giacomo Della Porta. La Francia, in questa annosa controversia, sosteneva i diritti di proprietà che, sul terreno davanti la chiesa, accampavano i Padri Minimi francesi della Trinità.
Il problema rimase insoluto per tutto il XVI secolo, in un braccio di ferro fra il monarca di Francia e la Santa Sede. Luigi XIV non solo non intendeva rinunciare alla sovranità sulla collina del Pincio, ma si proponeva addirittura di farne, con il progetto di una maestosa statua equestre che raffigurasse il re, il simbolo della gloria della monarchia francese in Roma.
Arriviamo al 1715, anno in cui il Papa Clemente IX bandisce un concorso per la realizzazione della scalinata. Il bando fu vinto da Francesco de Sanctis. Si impiegarono tre anni per la completa realizzazione di quei 138 gradini, spartiti in tre parti, orizzontalmente e verticalmente per ricordare appunto la SS.Trinità, in una successione di rampe che si allargano, si restringono e si dividono, enfatizzandone l’altezza e creando uno scenario maestoso e fortemente suggestivo.
Il progetto grandioso, inseguito dalle ambizioni di Francia, pur ereditando dal barocco il gusto delle prospettive e dei trompe l’oeil, ne uscì fortemente ridimensionato e i gigli di Francia, all’inizio della scalinata, si trovano accostati alle aquile dello stemma di Papa Innocenzo XIII Conti che, quando si gettarono le fondamenta della scalinata, sedeva sulla sede petrina.

 

Paola Coali e Andrea Lonardo

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