Il Paradiso per davvero

Alla vigilia dell’Annunciazione, e del viaggio papale a Milano, Rai2 ha mandato in prima serata un film realmente inusuale, Il paradiso per davvero, film americano del 2014 con Greg Kinnear e per la regia di Randall Wallace.

Va subito detto che non è un gran film, gli attori e il regista sono di seconda fila (ma non di terza) e, dato l’argomento, non deve essere costato granché. Ma è proprio l’argomento quel che interessa, perché tratto da un libro che negli Usa è stato bestseller e racconta una storia vera. Che è questa. Il pastore metodista Todd Burpo, che esercita nella cittadina di Imperial nel Nebraska come predicatore della sua piccola chiesa e, al bisogno, come pompiere volontario, ha due figli piccoli, una femmina e un maschio. Quest’ultimo, Colton, ha solo quattro anni. La famigliola del pastore è classica, monoreddito, conti da pagare, mutui da onorare, difficoltà economiche fastidiose anche se non insormontabili.

Allo spettatore italiano viene offerto uno spaccato della chiesa metodista: pastore sempre in camicia e jeans, la moglie che dirige il coro, funzioni di soli canti e incentrate sul sermone. Ma il piccolo Colton ha un pericoloso attacco di appendicite acutissima e viene portato in ospedale, dove resta un po’ tra la vita e la morte. Qui il pastore ha uno scatto e se la prende con Dio, dimostrando la sua relativa fede. Viene consolato dal «consiglio» della sua comunità religiosa, il che dimostra che anche i fedeli non si aspettano grandi prove di fede dal loro pastore.

E adesso viene il bello. Il piccolo, operato, guarisce e rivela di essere stato in Paradiso, che descrive come luogo bellissimo con molti colori, animali, Gesù con un cavallo stupendo, angeli. Tutti sono giovani e giovanissimi, Gesù si è tagliato i capelli. Esperienza pre-morte? No, perché il piccolo non è mai morto, né è stato in coma. Però il suo racconto colpisce perché ha visto cose che, sotto anestesia, non poteva vedere: i medici che lo operavano, e che descrive esattamente, suo padre in chiesa che, mentre protesta con Dio, fa volare alcune sedie, sua madre che telefona a tutta la comunità chiedendo preghiere.

Ripetiamo, il bambino ha solo quattro anni. Il racconto manda in crisi il padre, la sua famigliola e tutta la comunità. Infatti, si ha l’impressione che la dottrina di quella chiesa sia molto simile a quella degli antichi Sadducei, i quali ai Novissimi (Paradiso & Inferno) credevano poco. Il pastore viene sospeso, comincia a litigare con la moglie, l’altra figlia viene presa in giro a scuola. Però il piccolo Colton ha visto anche un’altra cosa in Paradiso: la sua sorellina, frutto di una gravidanza mancata della mamma e di cui in famiglia non si era mai parlato. Questa cosa, che davvero non poteva avere immaginato, convince la mamma e la riavvicina al marito.

Happy end, col pastore reintegrato e la comunità soddisfatta. Insomma, ora tutti sono convinti che il Paradiso esiste davvero, anche se il film l’ha mostrato molto simile a quello di certe pubblicazioni dei Testimoni di Geova. Molti punti di contatto, tuttavia, con la teologia cattolica: Gesù conserva le sue piaghe gloriose, tutti hanno la sua età (tranne i bambini); il piccolo Colton dice di avere incontrato il nonno materno del pastore (di cui non aveva mai sentito parlare), ma non ne riconosce la foto da vecchio; riconosce invece una vecchissima foto che lo ritrae trentenne. Si potrebbe, a questo punto, organizzare un cineforum ecumenico, nel quale verrebbe a galla sicuramente l’anomalia cattolica: i pastorelli di Fatima non hanno visto il Paradiso, ma l’Inferno. E, nei nostri Santi, le esperienze di Inferno e Purgatorio sono molto più numerose di quelle paradisiache. Qualcosa vorrà pur dire…

 

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