Edith Stein: Modello di organizzazione della giornata

“Ecco quanto possiamo e dobbiamo fare: aprirci alla grazia, e cioè rinunciare completamente alla nostra propria volontà e renderla prigioniera della volontà divina, mettere nelle mani di Dio tutta la nostra anima, tutta la nostra capacità di accoglienza e la disposizione al lasciarsi formare. Ne viene in primo luogo il divenire insieme vuoti e silenziosi. Per natura, l’anima è colma di molte cose, tanto che l’una cosa scaccia l’altra, rincorrendosi continuamente, sempre in tempesta e agitazione. Quando al mattino ci svegliamo, i doveri e le preoccupazioni della giornata vorrebbero incalzarci (a mano che non ci abbiano già tolto la tranquillità notturna). Sorge la domanda inquieta: Come può essere compiuto tutto in un sol giorno? Quando farò questo, quando farò quello? E come devo affrontare questo e quello? Si vorrebbe scattare e avventarsi sopra, come se fossimo aizzati. Allora bisogna prendere le redini in mano e dire: Fermi! Per ora non devo fare nulla. La mia prima ora del mattino appartiene al Signore. Voglio cominciare il lavoro quotidiano che Egli mi affida e mi darà la forza di compierlo. Voglio prima avviarmi all’altare di Dio.

Qui non si tratta di me e delle mie minuscole povere faccende, ma del grande sacrificio della Redenzione. Devo prendervi parte, lasciarmi purificare e rendere gioiosa, porre sull’altare con il sacrificio me stessa con tutto il mio agire e il mio soffrire. E quando il Signore viene a me nella santa Comunione, allora devo chiederGli: “Che cosa vuoi da me Signore?» (santa Teresa). E, quello che dopo il silente dialogo, vedrò davanti a me come primo compito, lo farò. Se entro nella mia giornata lavorativa dopo questa festa mattutina, ci sarà una calma festosa in me, e l’anima sarà vuota da quanto vorrebbe inquietarla e affaticarla, mentre sarà, al contrario, colma di gioia, di coraggio ed energia. Essa è diventata grande e ampia, perché è uscita da sé ed è entrata nella vita divina. Come una fiamma silente arde in lei l’amore che il Signore ha acceso, e la sollecita a dimostrarlo e ad accenderlo negli altri: flammescat igne caritas, accendat ardor proximos. L’anima vede chiaramente davanti a sé il piccolo tratto di strada più vicino; non vede molto lontano, ma sa che quando giungerà là dove si staglia 1’orizzonte, allora le si aprirà una nuova prospettiva. Ora inizia il lavoro quotidiano. Forse l’insegnamento, quattro o cinque ore consecutive. Questo significa essere vigili, non si può ottenere da ogni ora quanto si vuole, forse neppure da nessuna. Stanchezza, interruzioni impreviste, impreparazione degli allievi, qualche tetraggine, qualche ribellione, qualche ansietà. Oppure il lavoro d’ufficio: rapporto con superiori e colleghi sgraditi, pretese inadempibili, rimproveri ingiusti, meschinità umane, forse anche miseria, nei più svariati modi. Giunge la pausa del mezzogiorno. Si arriva a casa stremati, a pezzi. Qui ci attendono forse nuove contestazioni.

E. Stein, Dall’appendice complementare a Fondamenti dell’educazione della donna, datata St Lioben 12 gennaio 1932.

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