Quando smettiamo di sentirci migliori

Nel viaggio verso la Santa Montagna, sono tante le tappe…. Tutte noi qui al Carmelo abbiamo intrapreso questa salita, andiamo in cordata ma ognuna al proprio passo, con i propri tempi… Una tappa è fondamentale per tutte; questa, una volta “intravista”, fa acquistare una leggerezza nuova, una forza nuova, uno slancio nuovo: Quando smettiamo di sentirci migliori! Quando le parole di Paolo : Se c’è pertanto qualche consolazione in Cristo, se c’è conforto derivante dalla carità, se c’è qualche comunanza di spirito, se ci sono sentimenti di amore e di compassione, rendete piena la mia gioia con l’unione dei vostri spiriti, con la stessa carità, con i medesimi sentimenti. Non fate nulla per spirito di rivalità o per vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso, senza cercare il proprio interesse, ma anche quello degli altri. Fil 2,1-4) fanno breccia sul cuore ed eco nella vita concreta di tutti i giorni.

Quando la propria umanità frammentata o solida, sicura o debole,  energica o tollerante si coniuga generosamente con la vita dell’altra, con i colori vivaci della sua umanità, con il sapore forte delle differenze individuali… Quando consapevolmente si batte il sentiero della obbedienza reciproca, del voler cedere, del saper riconoscere anche nella situazione o parola più dura, un’occasione per cercare e contemplare il volto del Signore.

Quando effettivamente, e non solo razionalmente, si avverte il senso della propria finitudine, indipendentemente da ciò che –eventualmente- si sa o si sa fare…. Quando il lite motive interiore è: “Signore Gesù abbi pietà di me peccatore”. Brucia dentro il fuoco dell’amor proprio che va in combustione con la fede, che si incenerisce nella certa speranza di un amore pregato proprio nell’intimo degli istanti faticosi regalati a Dio, che si consuma nel desiderio ardente di un Nome e un Volto . Certo che fa male non sentirsi importanti per qualcuno, certo che costa l’atto di conversione dell’efficienza attiva in docile efficacia apparentemente passiva e inerte. E’ un linguaggio duro …. una kenosi, a volte una necrosi…. Un viaggio verso l’umiltà intesa come terra feconda, terra fertile, terra lavorata da mille germi, che si dedicano totalmente, anche sacrificandosi, affinché la terra  della vita spirituale diventi fertile. A volte bisogna abdicare al proprio pensiero, altre volte alle proprie abitudini, altre ancora a qualche bisogno ma non per mera sottomissione, piuttosto per quella fecondità spirituale che accetta di offrire i propri doni, il proprio humus, per far maturare la vita sua e quella degli altri…per quella chiamata ad essere sale e luce  :“Voi siete il sale della terra; ma, se il sale diventa insipido, con che lo si salerà? Non è più buono a nulla se non a essere gettato via e calpestato dagli uomini. Voi siete la luce del mondo. Una città posta sopra un monte non può rimanere nascosta (Mt 5,13-14); per il dolce rimprovero di Gesù a Marta attraverso il quale sottolinea la bontà dell’attenzione alle cose,  e invita a  non perdere di vista l’essenziale a causa di  ciò che fa fare bella figura,  che fa credere di essere il centro di tutto  a scapito di ciò che è forse meno gratificante o appariscente ma più utile: «Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e sei agitata per molte cose, ma una cosa sola è necessaria. Maria ha scelto la parte buona che non le sarà tolta» (Lc 10, 41,42);  per l’insegnamento di Gesù consegnato al nostro sguardo nell’abbraccio di un bambino: Allora Gesù, sedutosi, chiamò i dodici discepoli e disse loro: ‘Se uno vuol essere il primo, deve essere l’ultimo di tutti e il servitore di tutti’.36Poi prese un bambino, e lo portò in mezzo a loro, lo tenne in braccio e disse: 37‘Chi accoglie uno di questi bambini per amor mio accoglie me. E chi accoglie me accoglie anche il Padre che mi ha mandato (Mc 9,35-37); per l’invito, centro, cuore, meta della nostra chiamata: abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono di Cristo Gesù (Fil 2,5) .


Monastero Janua Coeli

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