Le tre case

C’era una volta un essere umano piccolo come la punta di uno spillo. Anzi più piccolo ancora.
Era praticamente invisibile, ma aveva una voglia matta di crescere!
Dopo 15 giorni da quando aveva cominciato ad esistere, era già 125 mila volte più grande.
Incredibile ma vero!
Questo piccolo essere umano abitava in una casa fatta apposta per lui che era piccolissimo.
Una casa strana che si muoveva, girava per le strade, correva, si piegava, parlava, mangiava… faceva tantissime cose.
La casa era bella e calda ma aveva un grosso difetto: era tutta buia.
Il piccolo essere a mala pena riusciva a captare delle voci lontane e in maniera confusa; non poteva vedere nulla, anche se aveva gli occhi.
– Basta! – Disse un giorno il piccolo essere – Voglio andarmene. Voglio vedere la luce, il sole, sentire l’aria fresca. Voglio cambiare casa.

Non senza qualche fatica e sforzo potè finalmente uscire da quella piccola casa che l’aveva protetto e tenuto al caldo.
E vide la luce.
– Oh sì! – si disse – Finalmente posso muovermi liberamente, posso piangere, posso mangiare, posso respirare a pieni polmoni, posso ridere, giocare, toccare le persone, posso fare il bagno, nuotare. Altro che la casa di prima. Questa sì che è stupenda: qui c’è il sole, ci sono le piante, i fiori, l’acqua, la neve, il vento…”

Per più di 80 anni l’uomo, tutte le mattine si alzava e diceva:
– Che bella questa casa, questa vita.
Era felice e contento.
Però un giorno, ormai anziano cominciò a guardare la casa e la terra con occhi diversi: il sole tramontava e veniva la notte; il caldo e la bella stagione primaverile passavano e tornava l’autunno e l’inverno, le piante perdevano le foglie e sembravano morte e stecchite; i fiori diventavano fieno e la neve fango.
Anche le piccole gioie della vita, ed erano tante, portavano con sé sempre una piccola sofferenza: l’amore non era mai abbastanza, il desiderio di felicità si infrangeva contro i dolori e i sacrifici, la salute lasciava a desiderare, le persone si interessavano sempre meno di lui, la solitudine gli faceva paura…
Allora si mise a sognare un’altra casa dove ci fosse sempre qualcuno a fargli compagnia, dove gli alberi rimanevano sempre verdi, il sole non tramontava mai e fosse sempre primavera.
Mentre stava sognando, morì.
I familiari si misero a piangere attorno alla suo letto.
Lui invece vedeva tutti ed era contento.
Gli altri erano tristi e lui rideva di gusto.

Appena se ne fu andato, si spalancarono le porte di un’altra casa, dove c’erano cose che non avrebbe neppure lontanamente immaginato.
Un Papà buono, pieno di premure e di calore lo abbracciò, lo baciò, lo prese per mano e chiamandolo per nome, lo portò a prendere possesso della nuova casa, gli presentò per nome un miliardo di amici e tutti fecero festa con lui.
L’uomo non capiva più niente.
– Non sono morto io ? – Chiese.
– No! No! – Gli risposero milioni e milioni di voci – Sei vivo, vivo per sempre. Sei più vivo di una volta.

Pazzo di gioia, l’uomo si mise a correre, a far capriole sui prati, era tanto tempo che non giocava più e non faceva capriole, sotto il sole che non tramontava mai, in mezzo ai fiori che non appassivano mai, sempre in piena primavera.
Si sentiva proprio bene: non più quel dolore tra le costole, non più la debolezza che lo costringeva a piccoli e lenti passi, ora ci vedeva bene anche lontano, gli sembrava di conoscere tutti e tutti lo chiamavano per nome.
– Qui sono proprio a casa mia – gridava a tutti – Qui si sta troppo bene.

Così finisce la storia delle tre case.

È una storia vera: è la mia storia ed è la tua storia.

È la storia di tutti gli esseri umani che camminano su questa terra e di tanto in tanto, guardano il cielo.

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