Il 19 dicembre 1915 nasceva l’irrequieta artista francese. Una vita di eccessi toccata dalla devozione a Santa Teresa di Lisieux.
“No, non rimpiango niente! Né il bene né tutto il male che m’hai fatto, e mi sta bene così / No, niente di niente! Poiché oggi, la mia vita, le mie gioie tutto riparte con te.” (Non, Je ne regrette rien) La voglia di ricominciare.
Édith Piaf può essere definita un’alcolizzata, folle e imprevedibile artista francese, oppure la si può guardare come una donna che ricercava una pace autentica per la sua vita. E che alla fine della sua esistenza nonostante – anzi attraverso – il dolore, la delusione e gli errori che aveva compiuto, si esprimeva con un genuino desiderio di ricominciare a vivere: “oggi, la mia vita, le mie gioie tutto riparte con te”.
La storia di Édith, costellata da amori incompiuti e memorabili opere – come non ricordare La vie en rose – è fedelmente raccontata nel volume “Edith Piaf La biografia“ (Lindau) di David Lelait Helo, che ripercorre tutte le vicissitudini del mito francese: dagli eccessi di droga e alcol, alle leggende metropolitane – si dice sia stata partorita su un marciapiede – passando per gli aspetti più riservati, come il suo rapporto con la fede.
Édith era molto devota a Santa Teresa de Lisieux: all’eta di 4 anni fu colpita da una cheratite che la rese quasi cieca. Così si recò – si dice in pellegrinaggio insieme alla nonna – proprio a Lisieux, dove giaceva il corpo della santa. Lì pregò per la sua guarigione che avvenne poco tempo dopo. Da quel momento in poi Édith fu devotissima a Santa Teresina e durante le sue tournée non perse mai l’occasione di accenderle un cero in segno di ringraziamento.