Celebrare il 25 marzo

 

25 MARZO 1957

un’elucubrazione

di p. Giacomo Gubert ocd

Nato in un giorno di sciopero del 1975, il 25 marzo, durante la Settimana Santa, non posso non guardare a questa data, fondamentale nel processo di costruzione europeo, il 25 marzo 1957, oggetto oggi di celebrazioni e di progetti, con uno sguardo obliquo o più propriamente “invertito”.

Penso all’anima di Alcide Degasperi, partecipante, un po’, alla divina visione; entro nella mente di Robert Schuman, che presto divenne il primo presidente dell’Assemblea Parlamentare Europea; mi affianco al più vecchio tra i tre padri europei, Konrad Adenauer, tra i firmatari dell’accordo. Per equilibrio e sobrietà, a loro tre mi fermo.

In questa bella compagnia, mi chiedo quale fossero le speranze di quel giorno da Dio benedetto, giorno dell’Annunciazione a Colei che sarà coronata dalle dodici stelle, speranza europea, nel blu cielo, bandiera europea. Per ora solo sei.

Credo, ne sono sicuro, che sapessero a che cosa stavano contribuendo. Presagivano i loro meriti, oggi universalmente riconosciuti, allora contrastati, ad est e ad ovest. Decenni di umana pace sui secolari campi di battaglia, su una piccola porzione del globo terracqueo, spostando altrove i conflitti, è piccola cosa straordinaria, in queste contrade. E la loro fondata speranza era ancora più ampia, e avrebbe probabilmente portato frutti ancora migliori, se non avesse dovuto, già prima di allora, subire pensanti sconfitte, esiziali cedimenti. “Ora basta, puoi andare, Alcide”. E l’oggetto della sua passione rimaste fatalmente incompiuto.

Ciò che invece non avrebbero affatto auspicato e probabilmente nemmeno previsto, è un fatto di natura del tutto diversa, che poco ha a che fare con la firma dei trattati europei. Non so neanche perché mi sia venuto in mente in questo 25 marzo. Alcuni li ho conosciuti, lo ammetto, non sono imparziale, ma non era pianificato. E poi, pochissimi di molti, tre, e quattro e cinque, …

Un elemento comune, oltre lo spazio geografico, i sei paesi fondatori del progetto europeo, non fatico a trovarlo: una piccola breve guerra. Si tratta invero di tutt’altro conflitto, interpersonale, interiore. Altrettanto mortale. Alleanze antichissime spezzate, clandestini espulsi, desideri sulla realtà vittoriosi.

Allora brutalmente li contiamo, così, all’ingrosso. Solo per farcene un’idea, di quanti sono questi senza voce che invece meriterebbero un nome, ed un nome hanno. Figli di Adalgisa ed Ettore. Su di una pietra bianca. Negli occhi di un angelo custode. Li contiamo per ricordarli noi, in questo 25 marzo, visto che pochi lo faranno. Ebbri di una pace. Forse nemmeno Ulrike e Simone.

Sono più di quindici milioni, forse venti. Alcide, Konrad e Robert ora tacciono.

Ma ciò che ancora di meno essi avrebbero auspicato e pensato, come uomini e come politici, è un fatto ancora più profondo che minaccia tutto il progetto europeo, in un modo così radicale da sembrare irrimediabile. Ci sono certo le vittime, possiamo piangerle, ma ancor di più c’è la guerra. Di casa in casa. È sul suolo europeo ma, non siamo ipocriti, quasi tutti la vogliono. Conviene. Stando così malamente le cose tra gli europei d’oggi, è anche socialmente necessaria, in un’Europa sempre più popolata da figli programmati, prodotti, selezionati; in un Cielo che accoglie i rifiutati, gli scartati, gli spezzati, i soppressi recuperandoli dalle immondizie speciali. Un Europa di madri e padri feriti. E chi ben comincia è già a metà dell’opera …

Ora vedo una lacrima, una sola, la lacrima del 25 marzo, di Alcide, Robert e Konrad. La raccoglie la Santa Albanese, profeta e consolatrice. Anima europea celeste.

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