Beata Francesca d’Amboise

Nacque probabilmente a Thouars il 28 settembre 1427 da Luigi, Visconte di Thouars e Maria di Rieux dei Baroni d’Encenis. Promessa sposa, all’età di appena quattro anni, a Pietro II, passò il resto della sua giovinezza presso la futura suocera Giovanna, sorella di Carlo VII, re di Francia, donna di profondissima pietà. Nel 1442 vennero celebrate le nozze tra Francesca, quindicenne, e Pietro II. Il duca Pietro II morì il 22 settembre 1457. Gli anni che seguirono la morte del Duca non furono facili per la giovane vedova. Verso il 1459 si incontrò con Padre Giovanni Soreth, Priore Generale dei Carmelitani. Tutti e due decisero di comune accordo di portare le monache carmelitane in Bretagna. Francesca pensò alla costruzione e alla dote del Monastero, nel quale entrò ella stessa. Morì a Nantes il 4 novembre 1485. Il suo culto liturgico fu approvato nel 1863 da Pio IX, come “premio” dell’attaccamento dei bretoni alla Chiesa cattolica e alla loro duchessa. È considerata come la fondatrice delle monache carmelitane di Francia. Fu beatificata da Pio IX nel 1866.

Si festeggia la sua memoria liturgica il 5 novembre.

“La B. Francesca d’Amboise è riconosciuta fondatrice delle monache carmelitane in Francia. Con suo marito, che divenne duca di Bretagna nel 1450, regnò come duchessa per sette anni fino alla morte di lui. Dopo vari incontri con il Beato Giovanni Soreth decise di diventare monaca carmelitana e procurò i finanziamenti per la fondazione del primo monastero in Francia, che si costituì a Bondon, vicino Vannes nel 1463, con monache provenienti da Liegi. La Beata Francesca le raggiunse nel 1468. Nel 1477 fondò un secondo monastero a Nantes. Ebbe anche una profonda influenza sulla legislazione delle monache carmelitane. Insistendo sulla stretta clausura, anticipò di un secolo la legislazione del Concilio di Trento” (Joseph Chalmers, O. Carm., Nella Terra del Carmelo, 20).

Se è difficile che un ricco entri nel regno dei cieli, nulla però è impossibile a Dio: Egli, nella Beata Francesca, ci ha dato un’immagine del Figlio suo, che da ricco si fece povero per arricchire noi. Bambina e poi adolescente abituata alle vesti di lusso, agli sfarzi e ai privilegi della sua posizione nobile, Francesca, fu illuminata dalla fede, cercando il Volto di Dio nella preghiera, nelle letture, affezionata al rosario e in lacrime quando, ancora troppo piccola, non poté ricevere il Pane di Cristo come gli altri cortigiani. Imparò a fare il bene, pronta di fronte alle necessità dei poveri e dei malati, generosa al punto che la sua opera in Bretagna rimase nella memoria della gente come: “i tempi della beata Duchessa”. Sposa di Pietro II, con cui collaborò in modo straordinario – data l’epoca – per il governo del suo popolo, non trascurò i bisogni dei conventi e chiese né la miseria degli abitanti, provvedendo loro con sollecitudine e larghezza. I biografi rivelano un episodio del primo anno di matrimonio – il pellegrinaggio nel quale gli sposi di posero sotto la protezione della Madre di Dio – quale segno di unità di intenti con il marito, che stimò sempre la purezza e la carità di Francesca, al di là delle insinuazioni di qualche cortigiano, da cui in alcune occasioni fu mosso a gelosia e rimproveri. Con la pazienza e il perdono della moglie fedele, tornò la calma e con essa la guarigione dalla malattia che la sofferenza le aveva causato. A trent’anni rimase vedova, al centro di macchinazioni economiche-ereditarie e venne ricercata per le seconde nozze, ma – protesa verso Dio e dedita alla verità e all’amore – si curò soltanto delle cose del Signore e dei poveri. Fu allora che conobbe il Priore Generale dei Carmelitani e comprese quale fosse la via da seguire, donando anzitutto le sue ricchezze per costruire un monastero: così Bondon accolse le prime carmelitane di Francia, a cui poco dopo si unì la quarantenne Francesca, ricevendo l’abito dallo stesso Giovanni Soreth e pregando tutte di chiamarla “umile serva di Gesù Cristo”, convinta che al Carmelo “non si debbano applicare i criteri del mondo”. Non più duchessa, dunque, ma discepola del Crocifisso; anche quando venne eletta Priora, ripeteva: “Pensate che siamo tutte sorelle con lo stesso abito e la stessa professione”. Mossa dallo Spirito del Signore correggeva con saggezza e amore, quale madre premurosa e forte, come attestano le “Esortazioni”, raccolte dalle sue figlie: “Dovreste fare a gara tra voi a chi sarà la più umile, la più dolce, la più caritatevole, contenta ciascuna di quel che vuole l’altra”. La sua bocca parlava dalla pienezza di un cuore abitato dalla Parola e radicato nella Regola: “Mi piacerebbe – diceva – che ci si abituasse a meditarla”. Audace nelle sue fondazioni, nell’introdurre la Comunione frequente, profetica nei pensieri e nelle scelte, rimase attenta alle vicende del suo tempo: “Vi raccomando la pace tra i principi”; “vi raccomando le necessità della Francia e della Bretagna”.

Si consumò fino alla morte per vivere e insegnare il cammino della luce: “se state a guardare chi è la più grande e di famiglia più ricca, questa è dottrina del demonio. Non dovete fermarvi mai in tali fantasie. È il nemico dell’inferno che vi inganna”. “Vi raccomando di curare sia l’anima che il corpo, con tale discrezione da poter servire meglio Dio e la religione. Si può servire meglio sani che malati”. “Vi prego di essere sempre contente di quello che vi si dirà e darà da fare”. “Vi dico che i tempi santi non fanno le persone sante, ma le persone sante, buone e devote, fanno santo il tempo”.

“Non vi deve importare che si dica di voi bene o male, ma di essere limpide e pure nell’intimo. Se Dio è per voi, chi sarà contro di voi?”. “La strada diritta per andare in paradiso è la croce. è la prima porta”. “Abbiate una grande carità le une verso le altre. Amatevi scambievolmente, tranquillizzatevi a vicenda e riconoscete che il torto è dalla vostra parte. Non vi umilierete mai tanto come colui che è nato per voi in grande umiltà e povertà”. Risoluta a lasciar l’incarico di priora, non fu esaudita perché troppo amata e ritenuta, dalla Comunità, donna di equilibrio e pace, carmelitana vigilante e prudente nel parlare, convinta com’era che “le parole vane mostrano coscienze vane”. La sua testimonianza di Gesù resta viva, il suo messaggio è tuttora efficace: “Mettete tutto ai piedi della sua Croce e là riposate in pace”.

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